Meditazione: La volontà di Dio / la mia volontà

Meditazione: La volontà di Dio / la mia volontà

La volontà di Dio / la mia volontà

La tendenza naturale è di continuare a pregare solo per le cose alle quali siamo interessati, e ai problemi e aspirazioni che ne derivano. Il fatto che due volontà siano attive, quando si prega, quella di Dio e quella dell’uomo, rende imperativo che le due si fondano. Si è ad un punto morto quando ciò non succede. Spesso la nostra volontà è presa da quel che succede; la volontà di Dio invece si preoccupa del perché si ha bisogno di certe cose. La preghiera che cerca liberazione fine a se stessa, perde quell’obbiettività nella preghiera che Gesù insegna con tanta cura. Quando Paolo pregò per se stesso affinché Dio rimuovesse lo stecco nella sua carne, Dio non lo esaudì; insegnò invece a Paolo una nuova lezione su come trattare i problemi personali. Gli insegnò a mettere in relazione i suoi problemi con la realtà di Dio e trovare così sollievo.

Questo è ciò che dovemmo imparare durante i quattro anni nei quali fummo sotto il regime comunista, nel nord ovest della Cina, sul confine col Tibet, dopo l’occupazione del 1949. Molte preghiere con la lama smussata, incentrate sull’io e soggettive, martellavano la porta del cielo, reclamando rumorosamente una risposta. Ma Dio ci stava ammaestrando, e nessuna scuola può gareggiare con quella di Dio. Per la maggior parte le nostre preghiere erano stimolate dalla paura e dal desiderio disperato di sfuggire dalle mani dei comunisti. Dal nostro angoletto, nella periferia delle cose, eravamo distratti dalla tensione dovuta alle circostanze e dalle pressioni della prigionia, senza parlare delle accuse rivolteci da uomini pieni di odio. A causa di tutto questo, le preghiere che facevamo erano centrate sulle nostre paure, sulle ciotole vuote e sul futuro incerto.

I nostri impulsi naturali non riuscivano a pregare secondo la volontà di Dio, il nostro costante sforzo era quello di portare Dio nel nostro angoletto. Continuammo così finché imparammo che la preoccupazione, nella preghiera, porta allo scoraggiamento e alla depressione. Più le preghiere sono dirette verso le circostanze più sono soggette alla legge del minimo profitto. Eravamo come i discepoli quando furono sorpresi da una tremenda tempesta mentre Gesù dormiva a poppa della barca agitata. Il loro grido frenetico rivelava la preoccupazione di cui erano preda: “Maestro, non ti curi che periamo?” Pensavano solo alla situazione difficile che stavano affrontando mentre il Maestro sembrava non curarsene.

Poi venne il giorno in cui le nostre preghiere cambiarono. Adorando insieme, una mattina, capimmo che la storia della tempesta e del Salvatore dormiente aveva una lezione per noi, sulla disponibilità della fede personale per le emergenze della vita. Non c’era proprio bisogno di disturbare il Signore con i nostri problemi. In preghiera dicemmo: “Dormi ancora, Signore, non ti sveglieremo”. Però, dopo più di un anno di altre tensioni e, vedendo che quasi tutti i missionari erano usciti dalla Cina perdemmo la nostra temerarietà. La paura iniziò a rifarsi viva. In questa situazione difficile il Signore ci insegnò a pregare nello spirito della preghiera del Figlio: “’Mi diletto nel fare la Tua volontà, oh Dio’, e poiché ci hai messi qui nella Cina comunista per qualcuno dei tuoi scopi buoni e accettevoli, noi ci abbandoniamo con gioia a restare qui finché avrai bisogno che ci stiamo”.

Trovammo forza, non nei sogni di fuga, ma nella completa arresa a qualsiasi cosa Dio volesse fare di noi. Realizzammo che le richieste di Dio sono assolute e che le dovevamo accettare senza mercanteggiare. Quando Dio sembra venire nella nostra vita come una spada tagliente è solo per separarci da noi stessi e farci accostare a Lui. Così prendemmo l’attitudine espressa in queste parole di Robert Louis Stevenson: “Qualsiasi cosa avvenga: la malattia o la salute, l’arcobaleno o il tuono, la croce o la corona, io mi getto anima e corpo a terra affinché Dio mi possa arare”.

Più tardi ci imbattemmo nelle parole del dottor George Matheson. Pur essendo cieco, era tanto perspicace quando scrisse: “Tu non vuoi che io accetti la Tua volontà perché devo, ma perché voglio. Vorresti che l’accettassi non con rassegnazione, ma con gioia; non con assenza di mormorii, ma con un canto di lode”.

Così, invece di essere incatenati alle nostre circostanze, elevammo i cuori a Dio con ferma gioia di comunione e unità con Lui e la Sua volontà. Prendemmo le Sue opportunità e vittorie.

PREGHIERA:

Oh Padre! Ti prego tienimi sensibile alle correzioni dello Spirito Santo nella mia vita. Se devi, vieni come una spada affilata, per separarmi dalla mia ricerca carnale. E guidami nella gioiosa intimità di comunione con Te stesso, al tuo fianco nelle cose che desideri fare con me. E, per favore, fai che io ci resti!

R. Arthur Mathews

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