Meditazione: Candidati a morire

Meditazione: Candidati a morire

Candidati a morire

Scegliere la via di Cristo

Una delle qualifiche del servo di Dio, presentate da Paolo, è per noi un vero colpo. Scuote lo spirito mondano che si cela in ognuno di noi per l’asprezza del contrasto. In un mondo che pensa così tanto a vivere e a aumentare le comodità e la sicurezza, l’idea di portarsi sempre appresso “nel corpo il morire del Signore Gesù” (II Cor. 4:10) è odiosa, ripugnante, mistica e completamente impraticabile.
Questo “morire del Signore Gesù” è distinto dalla Sua morte reale, come anche il processo di questa morte è differente dal punto culminante. Il morire fu il processo dei Suoi trentatré anni, e la morte fisica ne fu il culmine. Il processo iniziò con il lasciare il cielo e l’abbassarsi fino alla mangiatoia del caravanserraglio di Betlemme, per concludersi al Calvario. La su avita fu costantemente un processo di morte. Sottomettendosi volontariamente a quel processo si qualificò per il culmine della redenzione, che fu la Sua morte sulla croce per i peccati del mondo.

Vi chiederete come e dove si vede questo morire nella vita del Signore riportata nei Vangeli. Si vede nel Suo rifiuto costante a sottomettere la Sua vita ai dettami della sapienza del mondo, sia si trovasse nel deserto che sulla strada di Cesare di Filippo, o sotto gli ulivi del Getsemani e perfino Sulla croce. Egli moriva agli standard e sistemi di vita del mondo. Il pensiero del mondo, i suoi suggerimenti, impulsi o appetiti non riuscivano a smuoverLo. Si aggrappava tenacemente alla “vitalità” del Padre, e rifiutava perfino di vivere di Sua propria iniziativa. La Sua via era il Suo morire. Nel deserto, i morsi della fame lo tentarono ad aggrapparsi alla vita, e allo stesso tempo provarono la profondità e la realtà del Suo morire.
Sulla strada di Cesarea di Filippo, la tentazione di risparmiarSi era ancora più subdola, procedendo dalle labbra di un caro discepolo. Il ben intenzionato Pietro, parlando per il diavolo, si meritò un rimprovero del Salvatore: “Vai via da me, Satana!… Tu non hai il senso delle cose di Dio, ma di quelle degli uomini” (Marco 8:33). Per Gesù “le cose di Dio” includevano l’accettare ciò che gli uomini reputano fallimento e vergogna. “Le cose degli uomini” sono il successo e la sicurezza; questa mentalità la ritroviamo anche nel circolo dei discepoli. Non limitiamo questo circolo a Pietro, Giacomo e Giovanni.

Infine, quando Gesù era sulla croce, i capi sacerdoti e gli scribi lo incitarono a scendere giù di croce e salvarsi. Non si sarebbe salvato; si afferrò al Suo morire.
Il mondo uguaglia il “vivere” con la libertà dell’individuo di controllare i propri affari, e con il diritto di essere considerati persone, avere le proprie vie o fare le proprie cose. “Il morire del Signor Gesù” era il Suo rifiuto di insistere su nessuno dei Suoi diritti. Accettò le ingiustizie, l’odio, la vergogna come parte del Suo processo redentivo.

 Era il Principe della vita, eppure fu disposto a piegarsi alla morte.
 Era Signore, eppure, avendo accettato di morire ai diritti dell’io come sistema di vita, divenne servo di tutti.
 Era il Creatore di tutti, eppure accettò il ruolo di falegname di Nazareth.
 Solo Lui era perfetto, eppure rifiutò di vendicarSi, e morì come un criminale.
 Coprì le Sue imprese di successo e Si espose a un fallimento completo.
 Poteva vivere chiamando dodici legioni di angeli per proteggerSi, ma non permise neanche che una spada fosse usata per difenderLo.

Gesù era candidato alla morte e noi, per contrasto, siamo riluttanti a pensare al morire quotidiano. I nostri diritti sono più importanti delle nostre responsabilità. Ci aggrappiamo isterici alla vita, e ci sentiamo minacciati quando Dio ci tocca qualche punto del nostro vivere. Che fascio di contraddizioni siamo! Siamo subito devoti a Dio e alla Sua causa, e nello stesso tempo siamo così centrati su noi stessi; una coesistenza che il Suo esempio e il Suo precetto ripudiano.

Oh Signore, se il vivere è per me solo come vita “fai da te”, insistere sui miei diritti, soddisfare la mia fame, allora portami alla Tua scuola, per conoscere Te e imparare come portare nel mio corpo il Tuo morire.

R. Arthur Mathews

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